Le A.S.D. e S.S.D. possono svolgere attività commerciale? se sì, in quale misura?

Le ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE appartengano alla categoria degli enti non commerciali; tuttavia esse possono svolgere anche attività di natura commerciale (sponsorizzazioni, vendita di materiale sportivo e gadgets, somministrazione di alimenti e bevande) se munite di una Partita Iva e in misura non prevalente rispetto all’attività istituzionale (corsi e attività sportive).

Le SOCIETA’ SPORTIVE DILETTANTISTICHE, invece, sono per loro natura enti commerciali, perciò lo svolgimento di attività commerciale in aggiunta all’attività sportiva non presenta particolari limiti di prevalenza.

Sia per le A.S.D. che per le S.S.D., l’attività istituzionale svolta a favore dei propri soci e/o tesserati si considera “de-commercializzata” e quindi non soggetta a tassazione. L’attività commerciale, invece, è tassata con la possibilità di fruire di regimi fiscali agevolati estremamente vantaggiosi (ad esempio il regime della L. 398/91).

Fin qui nulla di nuovo; ma cosa accade se una A.S.D. svolge attività commerciale in misura prevalente rispetto all’attività istituzionale?

A questa domanda ha risposto la recente  Ordinanza n. 17026 della Corte di Cassazione, pubblicata il 16 giugno 2021 secondo la quale le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere la qualifica di “ente non commerciale” nel caso in cui svolgano attività commerciale in misura prevalente rispetto all’attività istituzionale per più di un periodo di imposta (in linea di principio, il periodo di imposta coincide con l’anno sociale).

ATTENZIONE: Si ricorda che la perdita della qualifica di ente non commerciale per una A.S.D. comporta il venir meno di tutti i benefici fiscali con la conseguente tassazione delle quote associative e dei corrispettivi per i corsi sportivi.

La suddetta decisione della Corte di Cassazione, in linea con una precedente sentenza emessa a gennaio di quest’anno, apre le porte ad un nuovo scenario molto rischioso per le Associazioni Sportive Dilettantistiche.

Infatti, prima delle ultime Sentenze della Corte di Cassazione, si riteneva che la qualifica di ente non commerciale fosse basata su elementi qualitativi e non quantitativi.

In altre parole, si poteva ritenere che la “natura non commerciale” delle associazioni sportive dilettantistiche (dalla quale deriva la defiscalizzazione delle quote e corrispettivi per corsi sportivi) fosse riconosciuta se l’Atto Costitutivo o lo Statuto non prevedevano come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale. Non si riteneva applicabile alle associazioni sportive dilettantistiche l’art. 149 del TUIR, secondo il quale la qualifica di ente non commerciale verrebbe meno al superamento di certi parametri quantitativi indicatori della prevalenza dell’attività commerciale rispetto a quella istituzionale.

Dopo le ultime sentenze della Corte di Cassazione, invece, pare che la perdita della “natura non commerciale” di un’associazione sportiva dilettantistica possa essere verificata anche sulla base della prevalenza quantitativa dei proventi commerciali rispetto ai proventi istituzionali.

Quanto detto finora non vale per le Società Sportive Dilettantistiche che, come detto, sono per natura enti commerciali e dunque possono svolgere anche in misura prevalente attività commerciale rispetto all’attività sportiva de-commercializzata.

Dunque, in attesa di chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate, si consiglia a tutte le A.S.D. che svolgono in misura prevalente attività commerciale rispetto a quella istituzionale di valutare bene la propria posizione fiscale, anche prendendo in considerazione la trasformazione in Società Sportiva Dilettantistica.

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