danielle-cerullo-CQfNt66ttZM-unsplash
RICHIESTE DI RIMBORSO DELL’ABBONAMENTO DA PARTE DI SOCI, TESSERATI E CLIENTI DURANTE L’EMERGENZA COVID

Durante la prima ondata pandemica, il CODACONS aveva pubblicato sul proprio sito web alcuni comunicati recanti le istruzioni per formulare richieste di rimborso delle somme versate a palestre e piscine al momento chiuse a causa delle misure di contenimento del Coronavirus e dunque impossibilitate all’erogazione dei servizi sportivi.

 

In particolare, sul sito web del CODACONS si leggeva quanto segue: “si ricorda che la restituzione della somma pagata per un servizio di cui non si è potuto beneficiare è prevista dall ‘articolo 1463 del codice civile”.

 

A seguito del comunicato del CODACONS, moltissimi Centri Sportivi hanno ricevendo richieste di restituzione degli abbonamenti da parte dei propri soci, tesserati e frequentatori che, in una condizione di dissesto economico come quella che stiamo vivendo, aggravano irrimediabilmente la situazione.

 

A tal riguardo, il c.d. Decreto Rilancio aveva previsto la possibilità per i frequentatori di Centri sportivi di richiedere il rimborso degli abbonamenti versati in una determinata finestra temporale (ad oggi ormai chiusa); richiesta che il Centro Sportivo poteva commutare in un voucher a tempo che l’utente poteva fruire nel Centro Sportivo medesimo.

 

Ebbene, è veramente legittima la richiesta di rimborso dell’abbonamento pagato al Centro Sportivo che non è in grado di erogare i servizi sportivi a causa delle restrizioni previste per il contenimento del Coronavirus?

La risposta non è del tutto scontata e merita quantomeno alcune riflessioni.

 

Occorre premettere che, nella maggioranza dei casi, i Centri sportivi hanno la forma giuridica di Associazione o Società Sportiva Dilettantistica e che sono frequentati da associati, da tesserati, o da clienti (non associati e non tesserati). In particolare, i frequentatori sono in prevalenza associati, nel caso di A.S.D. e in prevalenza tesserati, nel caso di S.S.D.

Gli associati sono legati alla Associazione da un rapporto associativo, i tesserati e i clienti no.

 

Ciò premesso, si precisa che ai sensi dell’articolo 37 del Codicie Civile i “contributi” e le “quote associative” corrisposti dagli associati costituiscono il fondo comune dell’Associazione e non possono essere rimborsati, neanche in caso di scioglimento dell’Associazione.

 

Si rammenta che la “quota associativa” (comunemente detta “iscrizione”) è la somma che l’associato versa annualmente in virtù del rapporto associativo instaurato con l’A.S.D.

 

Oltre alla quota associativa, l’associato può essere chiamato al versamento di “contributi” associativi qualora l’A.S.D. abbia necessità di reperire risorse economiche ulteriori. La fruizione di un corso sportivo può essere subordinata al versamento di un contributo associativo, con la precisazione che la somma versata per l’accesso al corso, per essere classificabile come contributo, deve essere slegata da qualsivoglia rapporto sinallagmatico con il servizio reso dall’A.S.D. Ciò avviene, ad esempio, quando la fruizione di un corso è subordinata al pagamento di una somma di ammontare libero o comunque di ammontare necessario solo alla copertura dei costi del corso.

 

I c.d. “corrispettivi specifici”, invece, sono corrisposti dall’associato, dal tesserato o dal cliente a fronte dell’acquisto di un servizio quale, ad esempio, la fruizione di un corso sportivo. Il corrispettivo specifico, in altre parole, costituisce una controprestazione economica per il servizio reso dal Centro Sportivo.

 

Ai sensi dell’art. 37 del Codice Civile, dunque, l’associato non può richiedere la restituzione delle somme versate all’A.S.D. a titolo di quota associativa annuale o di contributo. Diversamente, i corrispettivi specifici, in ragione della loro natura di controprestazione economica per il servizio reso dal Centro Sportivo non rientrerebbero nella portata dell’art. 37 del Codice Civile (peraltro applicabile alle sole Associazioni e non anche alle Società Sportive Dilettantistiche) e, pertanto, potrebbero essere chiesti a rimborso qualora il servizio non fosse più effettuato.

 

Ciò detto, occorrono anche ulteriori considerazioni.

 

Anche nel caso in cui l’associato, il tesserato o il cliente abbia versato un corrispettivo specifico per la frequentazione del corso non erogato a causa dell’impossibilità sopravvenuta data dalle misure di contenimento del Coronavirus, occorre valutare se tale impossibilità sia definitiva soltanto temporanea.

Nel caso di impossibilità definitiva sarebbe applicabile l’art. 1463 del Codice Civile (citato dal CODACONS) e dunque i corrispettivi specifici potrebbero essere chiesti a rimborso. Tuttavia, l’ipotesi in questione si configurerebbe qualora il Centro Sportivo non potesse più riaprire neanche in futuro.

 

Nel caso di impossibilità temporanea, invece, si applicherebbe l’art. 1256, secondo comma, del Codice Civile, che esclude la responsabilità per inadempimento quando il ritardo sia dovuto ad una causa non imputabile all’obbligato, come accade nel caso in cui l’A.S.D./S.S.D. sia impossibilitata ad organizzare il corso in ragione delle misure restrittive temporanee previste per il Coronavirus.

 

E’ pur vero, però, che l’ultimo capoverso del secondo comma dell’art. 1256 stabilisce che l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando il creditore non ha più interesse a conseguirla. Un’interpretazione logica della norma, porterebbe ad affermare che se le misure restrittive dovessero avere una durata superiore alla durata del corso per il quale è stato pagato il corrispettivo specifico, sarebbe comprensibile la manifestazione del venir meno di interesse da parte del frequentatore che giustificherebbe la richiesta di rimborso. In caso contrario, cioè nel caso in cui le misure restrittive terminassero prima della scadenza naturale dell’abbonamento, si potrebbero adottare altre misure quali la sospensione dell’abbonamento o i voucher spendibili per altri servizi presso il Centro Sportivo.

 

Altra soluzione potrebbe essere quella di offrire tipologie di allenamento sostitutive (allenamento online, allenamenti all’aperto quando consentiti) così da configurare, in linea di principio, un’impossibilità temporanea parziale (e non totale) ad adempiere il servizio concordato con l’utente.

 

In conclusione, in linea con quanto già sapientemente manifestato da altri professionisti, si ritiene opportuno richiamare l’attenzione di chi legge a tre fondamentali riflessioni.

  1. Il mondo sportivo sta attraversando una gravissima crisi di liquidità a causa della chiusura, purtroppo necessaria, imposta per contrastare la diffusione del Coronavirus.  Le molteplici richieste di rimborso degli abbonamenti, anche da chi ne avesse pieno diritto, porterebbero ad un sicuro aggravarsi di questa situazione già precaria, che potrebbe causare la scomparsa o alla netta riduzione dei Centri Sportivi sul territorio Italiano. Dunque è forse il caso che si tenga presente che il soddisfacimento di una richiesta di rimborso oggi, potrebbe portare all’impossibilità di allenarsi presso il Centro Sportivo di fiducia domani.
  2. E ancora il caso di ricordare che, se il centro sportivo è una Associazione Sportiva Dilettantistica, gli associati dovrebbero tenere a mente il loro legame associativo con l’Ente, che non è di proprietà del Presidente o del Consiglio Direttivo, ma appartiene a tutti gli associati e dovrebbe essere improntato ad uno spirito solidaristico comune.
  3. Il Centro Sportivo dovrebbe meditare e approvare (con delibera del Consiglio Direttivo e magari dell’Assemblea dei soci) una politica unitaria sul tema “restituzione abbonamenti” da applicare uniformemente a tutti gli associati. In tal senso, sarebbe opportuno che il Centro Sportivo si sottoponesse ad uno “stress test” che simulasse il possibile scenario economico in caso di restituzione degli abbonamenti a tutti coloro che ne facessero richiesta, per verificare la disponibilità delle risorse economiche necessarie

Post Correlati